mercoledì 7 dicembre 2011

CAPITOLO 3: – La casa sul lago – S.



Aprii lentamente gli occhi. All’inizio la luce del sole mi abbagliò la vista, ma sulla pelle avvertivo un’aria diversa, fresca, ma piacevole. Dovevo essermi addormentata durante il viaggio. Guardai dal sedile posteriore il tassista: era intento ad agitare la testa con movimenti irregolari mentre ascoltava la musica con un solo auricolare.
“Mi scusi?”-provai ad attirare la sua attenzione, ma non ci riuscii. Riprovai alzando la voce -
“Mi scusi?” Mi accorsi troppo tardi di aver esagerato, quando il tassista ormai era sobbalzato sul sedile.
“Oddio, signorina! Credevo stesse dormendo, mi è preso un colpo!”.
“Ehm, mi spiace.. non volevo spaventarla. Mi stavo giusto chiedendo quanto manca per Cristal Lake..”.
“Non è colpa tua. Dannata musica! Devo smetterla di ascoltarla mentre guido”-a giudicare da come gettò gli auricolari sul sedile affianco al suo, immaginai si fosse spaventato davvero molto. Ops, pensai..
“Comunque, manca meno di mezzora. È la prima volta che vieni qui?”
Mi limitai a scuotere la testa e vidi il tassista guardarmi nello specchietto e biascicare a voce bassa un “Capisco..”. Fortunatamente quell’uomo dai capelli brizzolati e il naso aquilino, non insistette con le domande; dovevo avere in volto l’espressione di chi non vuole parlare dell’argomento con un estraneo o probabilmente aveva solo capito che ero una ragazza riservata, chissà.
Guardai fuori dal finestrino. Il paesaggio era così diverso dalla città: casette con i portici e i tetti a spiovente colorati, una folta vegetazione, campi dai più variegati colori, e il cielo di un azzurro così acceso che pareva essere l’ultimo colore mancante in quel quadro mozzafiato. Poggiai i gomiti sul finestrino e mi sporsi un po’ di più. Il vento fresco ondeggiava tra i miei lunghi capelli castani e mi ritrovai a sorridere nel momento in cui scorsi la maestosità della montagna. Certo che ci ero già stata.. quel paesaggio mi sembrava così familiare eppure così lontano nei ricordi della mente. Fino all’età di 8 anni, avevo trascorso le mie estati a casa di Anne, l’adorabile zia di mia madre, insieme alla mia famiglia. Mio fratello Logan, aveva solo 3 anni e dubito che ricordi bene questo posto. Non vedevo quel paesaggio da così tanti anni eppure sembrava essersi fermato il tempo in quel luogo. Improvvisamente rimpiansi di non esserci tornata le estati precedenti, avevo dimenticato quanto mi piacesse quel paesino; ma del resto i miei genitori, negli ultimi dieci anni, avevano sempre lavorato d’estate, tranne il mese di agosto, e in fondo anch’io ero sempre presa da troppi impegni con i miei amici. Lungo la strada, vidi il sentiero che conduceva alla funivia e sul lato opposto, l’area pic-nic con i tavoli in legno imbanditi dai numerosi turisti in villeggiatura.
Ed eccolo lì, il grande cartello che indicava l’arrivo a Crystal Lake. Era il mio nuovo inizio e cominciava proprio in quell’istante. I turisti affollavano le strade, si fermavano alle bancarelle, guardavano, compravano souvenir, ed infine, la grande attrazione del paese: il lago! Un’enorme distesa di acqua riempiva la vallata e in lontananza, aldilà del lago, sulle colline, scorsi la villetta di zia Anne. Mi brillavano gli occhi al solo pensiero che presto l’avrei rivista. Ma ancora una volta i miei pensieri furono interrotti dal suono ripetuto del clacson..
“E spostati su.. non si può parcheggiare a questa maniera! Già la strada è occupata da tutta questa gente, ora pure questo pick-up!”
Un ragazzo dai capelli neri corvino uscì dal negozio della ferramenta all’angolo alzando le mani, con gesto plateale:
“Quanta fretta!! Ora lo spostiamo.. dobbiamo solo caricare le vernici..” e iniziò a ridacchiare. Aveva tutta l’aria di chi perde tempo a discapito degli altri. Vidi il tassista incrociare le braccia e sbuffare.
Quel ragazzo si avvicinò al taxi e picchiettò con un dito sul finestrino posteriore:
“Ehi bellezza! Perché non scendi dal taxi e ci facciamo un giro io e te?” continuava a sorridere e, a giudicare dai suoi movimenti, sospettai fosse ubriaco. Girai la testa e lo ignorai..
“Erik, guarda cosa abbiamo qui.. una dolce fanciulla è arrivata in città..perchè non le diamo il benvenuto?” Non mi ero accorta del secondo ragazzo uscito dal negozio; stava caricando secchi di vernice sul retro del pick-up..dovevano essere molto pesanti, pensai, ma il ragazzo dai capelli biondi non pareva fare sforzo. Guardò il suo amico e non badò minimamente a me, neppure una sbirciata..la mia attenzione venne catturata nuovamente dal ragazzo bruno che sorrideva e quel suono diventò particolarmente fastidioso. Desideravo solamente che il taxi ripartisse.. Cercai con lo sguardo quel ragazzo biondo..Erik, così lo aveva chiamato il suo amico..ma ormai mi dava le spalle.. poi, mentre infilava le mani in tasca per prendere le chiavi del pick-up lo sentii dire:
“Andiamo John…non abbiamo tempo da perdere con queste cose..”
John mi guardò ancora e mi fece l’occhiolino:
“Ci rivediamo bellezza!” sorrise e salì a bordo. Il tassista rimise in moto e urlò un “finalmente!”.
… ‘Non abbiamo tempo da perdere con queste cose ’ ..mi meravigliai di quanto quelle parole mi rimbombassero nella mente.. mi infastidivano e non riuscivo a capirne il motivo. Di certo non mi piaceva essere al centro dell’attenzione di ragazzi fuori di testa come quel John, ma ero abituata a sentirmi corteggiata e ammirata dai ragazzi. Eppure, il ragazzo biondo non mi aveva degnata di uno sguardo..le parole del suo amico non lo avevano minimamente incuriosito. ‘Oh, andiamo Althea!-mi dissi- non puoi rovinarti la vacanza per colpa di quelle parole e di quel ragazzo’..ero venuta a Crystal Lake per ricominciare, e di certo quell’inizio non prometteva nulla di buono; quindi abbandonai quei pensieri e senza rendermene conto eravamo già sotto casa di Anne. Era lì, sotto il portico a seguire con lo sguardo il taxi sul quale viaggiavo, avanzare sul vialetto.
Riconobbi subito il suo cordiale sorriso. Lo stesso con il quale mi aveva salutato l’ultima volta che la vidi, dieci anni prima: io e la mia famiglia eravamo tornati a Crystal Lake in occasione del funerale dello zio Frank, suo marito. Nonostante fosse il giorno più brutto della sua vita, lei mi aveva rassicurata mentre piangevo e senza perdere mai il sorriso davanti a me e mio fratello Logan, mi aveva detto “Non piangere, tesoro. Zio Franky ci guarda tutti dall’alto, e non smetterà di starci vicino”. Avevo solo 8 anni, ma lo ricordavo come fosse successo ieri: zia Anne e zio Frank si amavano molto, non avevano potuto avere figli e per questo erano sempre molto affettuosi con me e mio fratello. Era praticamente la donna più forte che conoscessi e il suo essere sempre gentile e cordiale, era invidiabile. Aprii lo sportello e mi venne incontro:
“Oh Althea, tesoro!” –mi abbracciò- “Sei diventata una splendida donna! Lasciati guardare!” mi fece girare su me stessa e ci guardammo, scoppiando in un’allegra risata.
“Ciao zia Anne! Sono così felice di rivederti.. mi sei mancata così tanto” mi riabbracciò, stavolta con più forza. Il tassista aveva già scaricato dal bagagliaio le mie 2 valigie, il beauty e il borsone a pois azzurri che mi aveva regalato Claire alla festa dei diplomi. Mentre mia zia iniziava a prendere le valigie, mi affrettai a pagare il tassista con i soldi che papà mi aveva dato prima di partire e lo ringraziai. Vidi la porta socchiusa dell’ingresso aprirsi maggiormente e un uomo anziano uscirvi, seguito da un piccolo cagnolino tutto bianco con chiazze marroni. Che carino! Zia Anne alzò lo sguardo ed esultò: “Ehi Tom – un enorme sorriso sulle sue labbra- vieni qui! Voglio presentarti mia nipote Althea”. Si avvicinò e mi allungò la mano sorridendo:
“Finalmente ho il piacere di conoscerti! Sono giorni che Anne mi parla del tuo arrivo.. E devo ammettere che sei davvero una splendida ragazza come mi aveva raccontato tua zia”. Non avevo idea di chi fosse quell’uomo ma sembrava gentile e ricambiando il sorriso, guardai mia zia in cerca di qualche spiegazione.
“Cara, questo signore è Thomas Reynolds, ma tutti lo chiamiamo Tom.. ha una grande falegnameria e si occupa di sistemare un po’ tutto qui in paese..ha le mani d’oro!” di nuovo quel grande sorriso. “Lui e i suoi dipendenti stanno facendo dei lavoretti in casa..entriamo così te li presento tutti”. Ci incamminammo dentro casa e mi lasciai pervadere dall’odore intenso dei mobili che donavano alla casa quell’aria che sa di antico. Davanti a me un altro uomo, sulla quarantina, era intento a raccogliere nella cassetta degli attrezzi, due grossi pennelli. Sentendoci entrare si voltò e provò a sistemarsi i capelli inumiditi dal sudore.
Mia zia gli si avvicinò e mettendogli una mano sulla spalla me lo presentò:
“Thea, lui è Nick” l’uomo sembrava impacciato, quasi a disagio “Io e sua moglie Beth siamo molto amiche e poi ci sono…ehm dove sono gli altri due?” Caspita, pensai, mia zia ha la casa piena di uomini. D’un tratto si sentirono dei passi provenire dalle scale alle mie spalle.
“Anne abbiamo cambiato le lampadine nella cameretta, come ci avevi chiesto!” mi sembrava di aver già sentito quella voce. Qualcosa mi diceva che non avrei dovuto voltarmi.
“Tesoro, loro sono John ed Erik, due cari ragazzi…conosco le loro famiglie da una vita ormai. Scommetto che diventerete subito grandi amici”. Incredibile! I ragazzi che avevo incontrato solo qualche minuto prima davanti al negozio di ferramenta, erano a casa di mia zia! Il beauty improvvisamente mi cadde di mano..

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