mercoledì 7 dicembre 2011

CAPITOLO 2: – Una piccola speranza – G.


Non avevo idea di quale sarebbe stato il mio futuro… ma sapevo bene quale era il mio presente. Come ogni mattina il rumore della sveglia tuonò nelle mie orecchie, avvisandomi che erano le cinque in punto, riportandomi alla realtà e staccandomi dai sogni. Non che i miei sogni fossero idilliaci, ma la dura realtà era forse peggio. Delusioni e sconforto combattevano contro la  speranza…come ogni mattina spegnendo l’ assordante  sveglia controllavo il mio cellulare: due messaggi e due chiamate!
Erik Cavendish, il sottoscritto, era un vero e proprio ricercato a quanto pareva…A giudicare dal mio cognome si potrebbe pensare che appartenesse a una famiglia nobiliare; forse i miei antenati tra una battuta di caccia e l’ altra si riunivano nei salotti o organizzavano balli nei loro castelli, ma il mio status era ben diverso. Ho sempre creduto di aver sbagliato epoca in cui nascere infatti. Mi aspettava un’ altra dura giornata di lavoro, per guadagnarmi da vivere, nell’ azienda dal vecchio Tom. Uno dei due messaggi era proprio il suo! Questioni di lavoro…quell’ anziano ma forte uomo doveva aver perso definitivamente il sonno per scrivermi alle quattro di  portare la patente al lavoro. Come se non me lo avesse già detto varie volte poi! L’ altro messaggio, che lessi con freddezza, era di Jane, la mia ennesima delusione sentimentale. Quando si da importanza a tante piccole cose con l’ aspettativa di costruirne una più grande passo passo, ma ci si trova di fronte un muro di plastica, la delusione ti divora e si comincia a perdere la speranza che il tuo cuore possa trovare la felicità con una ragazza. Ormai ero dell’ opinione che le persone di oggi avevano una carenza di sentimento nell’ anima, alimentando così desideri materiali a discapito delle emozioni. Jane a mezzanotte in punto si era ricordata dopo alcuni giorni della mia esistenza, scrivendomi “Perché non ti fai più sentire? Mi manchi…”. Ebbi un sussulto nel leggere quel “Mi manchi…”, ma ricordando il momento in cui mi disse di fare in fretta quando sfogliai davanti ai suoi occhi l’ album con le nostre foto, che avevo fatto per lei, poiché doveva uscire con la sua amica, prevalse l’ istinto di cancellare quel messaggio. Avrebbe potuto rispondere da sola a quella domanda…non ne volevo più sapere di lei! Ero troppo deluso e non faceva per me...
Le due chiamate senza risposta, tanto per cambiare ,erano di John. Il mio nullafacente buon amico John era devoto al dio Bacco e allergico al lavoro. Questo lo capii quando dopo nemmeno due giorni di lavoro il vecchio Tom voleva licenziarlo ed io realizzai la pessima idea di farlo entrare nell’ azienda. L’ incudine era troppo dura e le assi di legno troppo pesanti, quindi al ferro e al legno erano preferibili birra e vodka secondo John. Praticamente eravamo l’ uno l’ opposto dell’ altro ma fin dall’ asilo eravamo inseparabili. Quel ragazzo era l’ immagine dell’ allegria, non si poneva alcun problema nella vita se non come rimediare alcolici da bere in allegria. Ovviamente le liti per questo non mancavano mai, ma ogni volta tornavamo a sentirci dopo un paio di giorni come se non fosse successo nulla. Se stavo male John era lì, se stavo bene pure…insomma lui c’ era sempre per me.
Abbandonai il telefono sul comodino e  dopo una doccia, seguita da un’ abbondante colazione, infilai il pranzo, alcuni attrezzi e il mio libro di legge nel borsone. Già…frequentavo l’ università e sfruttavo la pausa pranzo per portare avanti il mio esame. La giornata era composta solo da ventiquattro ore purtroppo! Lungo la strada tra gli alberi alti e il lago illuminato dalla prima luce del sole il profumo dell’ estate in arrivo mi riempì i polmoni. Nonostante la serenità che quell’ aria trasmetteva nella mia testa affiorava quel “Mi manchi…” di Jane. Era sincera? Non direi…in varie occasioni aveva dimostrato di non tener conto a quelle piccole premure e a quei gesti che avrebbero potuto rendere speciale il nostro rapporto…se c’ era una cosa che detestavo, era proprio questa sua plasticità! Avvolte pensavo che stava con me solo per creare invidia nelle sue amiche visto il mio aspetto. Ho sempre creduto che la natura per compensare il mio carattere scontroso verso molte ragazze, mi avesse dotato di un aspetto attraente. Però pensavo anche che le ragazze che mi capitavano davanti erano tutte deludenti, con la loro mentalità così plastica. Inoltre il fatto che non esternavano i sentimenti in maniera netta e sincera confermava il mio sconforto. Alla fine però, ero consapevole di essere romantico per natura. Chissà se sarebbe arrivata la ragazza in grado di apprezzare questo mio lato, che addirittura Jane aveva dimostrato reputare ingombrante. Proprio questa esperienza con Jane aveva creato un ulteriore timore in me…il mio cuore temevo avrebbe subito una chiusura e vista la delusione con Jane, essendo stata un duro colpo, ero certo che avrei riaperto il mio cuore con molta difficoltà ad una ragazza. Tuttavia, pur essendo caduto in una fase di sconforto tale da chiudermi a riccio, dovevo cercare di far sopravvivere la piccola speranza sull’ esistenza di una ragazza compatibile con il mio essere romantico. Non potevo permettere al carattere materialista di Jane, che inizialmente credevo diverso, di rendermi più freddo e chiuso.  Anche se era davvero molto debole, cm una candela accesa in una bufera, la mia speranza ancora resisteva...
Assorto tra i miei pensieri, godendomi comunque il tragitto tra gli alberi verdi che costeggiano il lago, arrivai fino all’ azienda. Il vecchio Tom era li ad aspettarmi e come ogni mattina mi salutò con affetto “Buongiorno ragazzo! Andiamo nel mio ufficio ci aspetta un buon caffè caldo…”. Gli sorrisi e risposi con giovialità “Buongiorno Tom! Con molto piacere…poggio la borsa e arrivo!”. Entrai nel suo familiare ufficio e mi offrì il solito e gustoso caffè delle sei. Fin da quando ero piccolo era sempre stato gentile con me e a sedici anni mi prese a lavorare con lui il pomeriggio, mentre frequentavo la scuola al mattino. Dovevo molto a quell’ anziano e robusto uomo che, non avendo né figli né nipoti, mi aveva sempre voluto molto bene e stimato. Mi aveva insegnato un lavoro alla perfezione e mi aveva dato la possibilità di sistemare la situazione economica in casa con un buono stipendio.
Usciti dall’ ufficio, nel piazzale circondato da verdi alberi davanti l’ azienda, vidi Nick, il mio simpatico socio sul lavoro di quarant’ anni, ormai mio amico. Ammiravo Nick per la stupenda famiglia che aveva costruito. Fin da giovanissimo era sempre stato con sua moglie Elisabeth e si erano sempre amati tantissimo, mettendo al mondo tre bellissimi figli. Erano  tanto innamorati ,una coppia molto unita. Desideravo anche io una famiglia come la sua…e se fosse arrivata quella ragazza, che speravo esistesse, che avesse apprezzato il mio lato romantico e la voglia di costruire pian piano un legame intenso sulla base del nostro amore, allora sarebbe stato possibile averne una stupenda come Nick. Mentre lo salutavo la voce del vecchio Tom tuonò alle nostre spalle “ Nick aiuta Erik a caricare le tavole di legno sul pick-up. Dobbiamo correre a prendere la fornitura di vernice al paese dove ci aspetta John...oggi abbiamo un lavoro da svolgere a casa di Anne…”.

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