Aprii lentamente gli
occhi. All’inizio la luce del sole mi abbagliò la vista, ma sulla pelle
avvertivo un’aria diversa, fresca, ma piacevole. Dovevo essermi addormentata
durante il viaggio. Guardai dal sedile posteriore il tassista: era intento ad
agitare la testa con movimenti irregolari mentre ascoltava la musica con un
solo auricolare.
“Mi scusi?”-provai ad
attirare la sua attenzione, ma non ci riuscii. Riprovai alzando la voce -
“Mi scusi?” Mi
accorsi troppo tardi di aver esagerato, quando il tassista ormai era sobbalzato
sul sedile.
“Oddio, signorina!
Credevo stesse dormendo, mi è preso un colpo!”.
“Ehm, mi spiace.. non
volevo spaventarla. Mi stavo giusto chiedendo quanto manca per Cristal Lake..”.
“Non è colpa tua.
Dannata musica! Devo smetterla di ascoltarla mentre guido”-a giudicare da come
gettò gli auricolari sul sedile affianco al suo, immaginai si fosse spaventato
davvero molto. Ops, pensai..
“Comunque, manca meno
di mezzora. È la prima volta che vieni qui?”
Mi limitai a scuotere
la testa e vidi il tassista guardarmi nello specchietto e biascicare a voce
bassa un “Capisco..”. Fortunatamente quell’uomo dai capelli brizzolati e il
naso aquilino, non insistette con le domande; dovevo avere in volto
l’espressione di chi non vuole parlare dell’argomento con un estraneo o
probabilmente aveva solo capito che ero una ragazza riservata, chissà.
Guardai fuori dal
finestrino. Il paesaggio era così diverso dalla città: casette con i portici e
i tetti a spiovente colorati, una folta vegetazione, campi dai più variegati
colori, e il cielo di un azzurro così acceso che pareva essere l’ultimo colore
mancante in quel quadro mozzafiato. Poggiai i gomiti sul finestrino e mi sporsi
un po’ di più. Il vento fresco ondeggiava tra i miei lunghi capelli castani e
mi ritrovai a sorridere nel momento in cui scorsi la maestosità della montagna.
Certo che ci ero già stata.. quel paesaggio mi sembrava così familiare eppure
così lontano nei ricordi della mente. Fino all’età di 8 anni, avevo trascorso
le mie estati a casa di Anne, l’adorabile zia di mia madre, insieme alla mia
famiglia. Mio fratello Logan, aveva solo 3 anni e dubito che ricordi bene
questo posto. Non vedevo quel paesaggio da così tanti anni eppure sembrava
essersi fermato il tempo in quel luogo. Improvvisamente rimpiansi di non
esserci tornata le estati precedenti, avevo dimenticato quanto mi piacesse quel
paesino; ma del resto i miei genitori, negli ultimi dieci anni, avevano sempre lavorato
d’estate, tranne il mese di agosto, e in fondo anch’io ero sempre presa da
troppi impegni con i miei amici. Lungo la strada, vidi il sentiero che
conduceva alla funivia e sul lato opposto, l’area pic-nic con i tavoli in legno
imbanditi dai numerosi turisti in villeggiatura.
Ed eccolo lì, il
grande cartello che indicava l’arrivo a Crystal Lake. Era il mio nuovo inizio e
cominciava proprio in quell’istante. I turisti affollavano le strade, si
fermavano alle bancarelle, guardavano, compravano souvenir, ed infine, la
grande attrazione del paese: il lago! Un’enorme distesa di acqua riempiva la
vallata e in lontananza, aldilà del lago, sulle colline, scorsi la villetta di
zia Anne. Mi brillavano gli occhi al solo pensiero che presto l’avrei rivista.
Ma ancora una volta i miei pensieri furono interrotti dal suono ripetuto del
clacson..
“E spostati su.. non
si può parcheggiare a questa maniera! Già la strada è occupata da tutta questa
gente, ora pure questo pick-up!”
Un ragazzo dai
capelli neri corvino uscì dal negozio della ferramenta all’angolo alzando le
mani, con gesto plateale:
“Quanta fretta!! Ora
lo spostiamo.. dobbiamo solo caricare le vernici..” e iniziò a ridacchiare.
Aveva tutta l’aria di chi perde tempo a discapito degli altri. Vidi il tassista
incrociare le braccia e sbuffare.
Quel ragazzo si
avvicinò al taxi e picchiettò con un dito sul finestrino posteriore:
“Ehi bellezza! Perché
non scendi dal taxi e ci facciamo un giro io e te?” continuava a sorridere e, a
giudicare dai suoi movimenti, sospettai fosse ubriaco. Girai la testa e lo
ignorai..
“Erik, guarda cosa
abbiamo qui.. una dolce fanciulla è arrivata in città..perchè non le diamo il
benvenuto?” Non mi ero accorta del secondo ragazzo uscito dal negozio; stava
caricando secchi di vernice sul retro del pick-up..dovevano essere molto
pesanti, pensai, ma il ragazzo dai capelli biondi non pareva fare sforzo.
Guardò il suo amico e non badò minimamente a me, neppure una sbirciata..la mia
attenzione venne catturata nuovamente dal ragazzo bruno che sorrideva e quel
suono diventò particolarmente fastidioso. Desideravo solamente che il taxi
ripartisse.. Cercai con lo sguardo quel ragazzo biondo..Erik, così lo aveva
chiamato il suo amico..ma ormai mi dava le spalle.. poi, mentre infilava le
mani in tasca per prendere le chiavi del pick-up lo sentii dire:
“Andiamo John…non
abbiamo tempo da perdere con queste cose..”
John mi guardò ancora
e mi fece l’occhiolino:
“Ci rivediamo
bellezza!” sorrise e salì a bordo. Il tassista rimise in moto e urlò un
“finalmente!”.
… ‘Non abbiamo tempo
da perdere con queste cose ’ ..mi meravigliai di quanto quelle parole mi
rimbombassero nella mente.. mi infastidivano e non riuscivo a capirne il
motivo. Di certo non mi piaceva essere al centro dell’attenzione di ragazzi
fuori di testa come quel John, ma ero abituata a sentirmi corteggiata e
ammirata dai ragazzi. Eppure, il ragazzo biondo non mi aveva degnata di uno
sguardo..le parole del suo amico non lo avevano minimamente incuriosito. ‘Oh,
andiamo Althea!-mi dissi- non puoi rovinarti la vacanza per colpa di quelle
parole e di quel ragazzo’..ero venuta a Crystal Lake per ricominciare, e di
certo quell’inizio non prometteva nulla di buono; quindi abbandonai quei
pensieri e senza rendermene conto eravamo già sotto casa di Anne. Era lì, sotto
il portico a seguire con lo sguardo il taxi sul quale viaggiavo, avanzare sul
vialetto.
Riconobbi subito il
suo cordiale sorriso. Lo stesso con il quale mi aveva salutato l’ultima volta
che la vidi, dieci anni prima: io e la mia famiglia eravamo tornati a Crystal
Lake in occasione del funerale dello zio Frank, suo marito. Nonostante fosse il
giorno più brutto della sua vita, lei mi aveva rassicurata mentre piangevo e
senza perdere mai il sorriso davanti a me e mio fratello Logan, mi aveva detto
“Non piangere, tesoro. Zio Franky ci guarda tutti dall’alto, e non smetterà di
starci vicino”. Avevo solo 8 anni, ma lo ricordavo come fosse successo ieri:
zia Anne e zio Frank si amavano molto, non avevano potuto avere figli e per
questo erano sempre molto affettuosi con me e mio fratello. Era praticamente la
donna più forte che conoscessi e il suo essere sempre gentile e cordiale, era
invidiabile. Aprii lo sportello e mi venne incontro:
“Oh Althea, tesoro!”
–mi abbracciò- “Sei diventata una splendida donna! Lasciati guardare!” mi fece
girare su me stessa e ci guardammo, scoppiando in un’allegra risata.
“Ciao zia Anne! Sono
così felice di rivederti.. mi sei mancata così tanto” mi riabbracciò, stavolta
con più forza. Il tassista aveva già scaricato dal bagagliaio le mie 2 valigie,
il beauty e il borsone a pois azzurri che mi aveva regalato Claire alla festa
dei diplomi. Mentre mia zia iniziava a prendere le valigie, mi affrettai a
pagare il tassista con i soldi che papà mi aveva dato prima di partire e lo
ringraziai. Vidi la porta socchiusa dell’ingresso aprirsi maggiormente e un
uomo anziano uscirvi, seguito da un piccolo cagnolino tutto bianco con chiazze
marroni. Che carino! Zia Anne alzò lo sguardo ed esultò: “Ehi Tom – un enorme
sorriso sulle sue labbra- vieni qui! Voglio presentarti mia nipote Althea”. Si
avvicinò e mi allungò la mano sorridendo:
“Finalmente ho il
piacere di conoscerti! Sono giorni che Anne mi parla del tuo arrivo.. E devo
ammettere che sei davvero una splendida ragazza come mi aveva raccontato tua
zia”. Non avevo idea di chi fosse quell’uomo ma sembrava gentile e ricambiando
il sorriso, guardai mia zia in cerca di qualche spiegazione.
“Cara, questo signore
è Thomas Reynolds, ma tutti lo chiamiamo Tom.. ha una grande falegnameria e si
occupa di sistemare un po’ tutto qui in paese..ha le mani d’oro!” di nuovo quel
grande sorriso. “Lui e i suoi dipendenti stanno facendo dei lavoretti in
casa..entriamo così te li presento tutti”. Ci incamminammo dentro casa e mi
lasciai pervadere dall’odore intenso dei mobili che donavano alla casa
quell’aria che sa di antico. Davanti a me un altro uomo, sulla quarantina, era
intento a raccogliere nella cassetta degli attrezzi, due grossi pennelli.
Sentendoci entrare si voltò e provò a sistemarsi i capelli inumiditi dal
sudore.
Mia zia gli si
avvicinò e mettendogli una mano sulla spalla me lo presentò:
“Thea, lui è Nick”
l’uomo sembrava impacciato, quasi a disagio “Io e sua moglie Beth siamo molto
amiche e poi ci sono…ehm dove sono gli altri due?” Caspita, pensai, mia zia ha
la casa piena di uomini. D’un tratto si sentirono dei passi provenire dalle
scale alle mie spalle.
“Anne abbiamo
cambiato le lampadine nella cameretta, come ci avevi chiesto!” mi sembrava di
aver già sentito quella voce. Qualcosa mi diceva che non avrei dovuto voltarmi.
“Tesoro, loro sono John ed Erik, due cari ragazzi…conosco le loro
famiglie da una vita ormai. Scommetto che diventerete subito grandi amici”.
Incredibile! I ragazzi che avevo incontrato solo qualche minuto prima davanti
al negozio di ferramenta, erano a casa di mia zia! Il beauty improvvisamente mi
cadde di mano..
Nessun commento:
Posta un commento