Stesa sul mio letto,
osservavo i dettagli della stanza che zia Anne aveva preparato per me. I mobili
in legno erano intagliati con motivi floreali; il letto sul quale avevo dormito
la notte precedente, era comodissimo e
posizionato accanto ad una bellissima vetrata che si affacciava sul lago; di fronte alla finestra, dall’altra parte della stanza, c’era un grande armadio che avevo già occupato con le mie cose, e subito sulla destra, una grande scrivania con lo specchio a muro, incastonato in una cornice color oro; sulla madia, di fronte al letto, invece, zia Anne aveva poggiato un lungo vaso con i tulipani del suo giardino, i miei fiori preferiti, che donavano alla stanza un piacevolissimo profumo.
posizionato accanto ad una bellissima vetrata che si affacciava sul lago; di fronte alla finestra, dall’altra parte della stanza, c’era un grande armadio che avevo già occupato con le mie cose, e subito sulla destra, una grande scrivania con lo specchio a muro, incastonato in una cornice color oro; sulla madia, di fronte al letto, invece, zia Anne aveva poggiato un lungo vaso con i tulipani del suo giardino, i miei fiori preferiti, che donavano alla stanza un piacevolissimo profumo.
Ero così rilassata
distesa su quel letto che chiusi gli occhi e riempii a fondo i polmoni di quel
profumo paradisiaco. Dalla vetrata, i primi raggi del sole del mattino
filtravano nella stanza, oltrepassando le tendine a fiori celesti e rosa. Avevo
riposato bene e soprattutto senza incubi. Probabilmente il merito era stato di
Claire, con cui avevo chiacchierato a telefono per ben due ore prima di
addormentarmi. Avevo voluto sapere da lei come stesse Matt: il mio migliore
amico -mi piaceva ancora chiamarlo così- non stava passando un bel periodo..
quanto desideravo risentirlo, sentire la sua voce, confidarci come un tempo
tutte le nostre piccole, grandi cose. Ma era tanto ormai che quel rapporto
speciale tra noi si era incrinato e, forse, col tempo lui avrebbe smesso di
stare male, di piangere per quel sentimento che io non potevo contraccambiare.
Parlando con Claire, mi ero stupita di averle raccontato di quei due ragazzi,
John ed Erik, che avevo incontrato il mio primo giorno a Crystal Lake. Provai
un evidente imbarazzo al ricordo della mia sbadataggine nel momento in cui me
li ero ritrovati di fronte nel salotto di zia Anne. Ero rimasta colpita dal
fascino di quei due ragazzi , l’uno bruno e gli occhi scuri intensi, e l’altro
biondo, col suo viso d’angelo, i lineamenti definiti e delicati. Eppure, in
netto contrasto con l’ aspetto esteriore, il loro modo di essere si era
rivelato alquanto deludente: John era il tipico ragazzo sfacciato che cerca
solo di abbordare le belle ragazze, mentre Erik.. beh lui non rientrava in una
categoria precisa; appariva freddo, quasi scocciato della mia presenza. Pensai
che forse lo aveva infastidito il mio essere goffa e sbadata.. eppure nei suoi
occhi chiari avevo scorto un lampo di luce nell’istante in cui aveva incrociato
il mio sguardo, ma pochi istanti dopo erano tornati inespressivi, freddi, di
ghiaccio e, potevo anche sbagliarmi, ma pareva volesse evitare di guardarmi.
Claire aveva detto che forse era un tipo timido, ma temevo di essergli
antipatica.
Ma poteva provare
antipatia nei miei confronti, senza neppure conoscermi?
Forse avevo parlato
poco, ma dopo quello che era successo dal ferramenta, non ero riuscita ad
essere carina e a sorridere gentilmente; infatti il mio sorriso era stato
parecchio forzato, specie nei riguardi di John.
Mi alzai dal letto controvoglia,
ma ormai i pensieri avevano preso il sopravvento e continuare a rilassarmi
pareva impossibile. Oltre le tendine della vetrata, intravidi uno strano
luccichio, così mi avvicinai e scostai una tendina: la prima luce dell’alba si
rifletteva debolmente sull’acqua del lago, sulle cime degli alberi che
circondavano quella distesa e il tutto era un vero spettacolo per la vista. Era
fantastico quel posto! Non vedevo l’ora di fare una passeggiata intorno al
lago, così aprii l’armadio e presi un paio di pantaloncini bianchi con le
cuciture rosa e una maglietta beige. Mi cambiai e, mentre infilavo le mie
scarpette da ginnastica chiare, notai il cellulare spento sul comodino. Senza
pensarci troppo, lo accesi e dopo pochi istanti arrivò un messaggio: era di Matt,
dell’una e dieci minuti, dove c’era scritto ‘Ovunque tu sia, non smetto di
pensarti.. spero che almeno tu stia bene.. ‘notte Thea’. Matt… era lui…
lasciai il telefono sul letto.. non potevo lasciarmi prendere dai sensi di
colpa.
Attraversai il lungo corridoio,
scesi giù per le scale e arrivai in salotto. Non poteva essere vero! Cosa
diamine ci faceva John seduto al tavolo da pranzo a bere caffè caldo?
“Ehi Althea!
Buongiorno!” mia zia mi sorrise.
John si voltò di
scatto ed ecco il suo solito sorriso beffardo:
“Buongiorno, dormito
bene?”. Lo ignorai e mi avvicinai a mia zia per darle un bacio sulla guancia:
“ ‘giorno zia Anne”.
“John è passato di
qui perché aveva dimenticato la sua cassetta degli attrezzi ieri” –ma guarda un
po’, pensai- “ed è stato così gentile da portarci i cornetti caldi per fare
colazione”. In quell’istante il telefono di casa di Anne iniziò a squillare dal
corridoio.
“oh, tesoro,
accomodati pure.. ci sono succo d’arancia, latte e caffè; scegli pure ciò che
preferisci.. Vado a rispondere, scusatemi” e sparì dietro l’angolo.
Non mi piaceva per
niente l’idea di restare da sola in una stanza con quel John. Continuava a
fissarmi, poi esordì : “Non ti siedi? Non sapevo quali gusti avessi per la
colazione, così ho preso tutti i tipi di cornetti che avevano..”
Mi sedetti dall’altra
parte del tavolo e presi una tazza con latte e caffè: “Cosa ci fai qui, John?”
Sembrava non si
aspettasse quella domanda e ci mise un po’ per rispondere:
“Devi scusarmi… beh
io credo che abbiamo cominciato la nostra conoscenza col piede sbagliato e
vorrei scusarmi con te.. so di essere stato un perfetto idiota, ma vorrei che
tu non ti facessi un’idea sbagliata su di me”.
“E perché tieni così
tanto alla tua reputazione con me?” lo interruppi.
“Non si tratta di
reputazione…è che mi piacerebbe conoscerti meglio” era così diverso rispetto al
giorno precedente, sembrava così sincero e dispiaciuto.
Non sapevo cosa
dire.. potevo fidarmi?
Rientrò zia Anne nel
salotto con la sua eleganza innata e il suo dolce sorriso: “Ragazzi, ho delle
novità! Mi ha telefonato la mia amica Elisabeth, la moglie di Nick” disse
rivolgendosi a me per farmi capire “e ha avuto una splendida idea! Voleva
invitarci a casa sua stasera per cena..ma poi ho pensato che visto che sei
arrivata da poco mia cara, magari sarebbe bello invitare anche John ed Erik,
così che tu possa farti degli amici” -sorrise entusiasta- “Che ne direste di
una bella cena a casa mia stasera, tutti insieme? Così posso ringraziarvi tutti
per l’ottimo lavoro che avete fatto ieri e festeggeremmo l’arrivo di Althea!”
John scoppiò a
ridere: “Sarebbe grandioso, Anne!” ,poi rivolgendosi a me disse - “Sempre se
per te non è un problema”.
E ora? Cosa avrei
dovuto dire? Già mi immaginavo la cena con gente che non conoscevo e
soprattutto l’imbarazzo che avrei provato nello stare allo stesso tavolo con
Erik e John.
“Sei d’accordo,
tesoro?” zia Anne aspettava una risposta. Non potevo dirle di no, in fondo lei
lo stava facendo per me, per farmi ambientare..
Riuscii a dire “Certo!” e mi sforzai di sorridere all’idea di ciò che mi
attendeva…
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